La salute è un diritto fondamentale dell'uomo, indistintamente dal suo status sociale, nazionalità o ideale politico ed è imprescindibile se si vuole raggiungere quello sviluppo sostenibile di cui tanto si dibatte negli ambienti politici. L'ONU, tra i 17 obiettivi di Sviluppo Sostenibile, pone l'attenzione sul diritto alla salute e al benessere per tutti e per tutte le età; essere in buona salute significa poter adempiere a tutti quei compiti, anche più piccoli, di cui ci occupiamo giornalmente. Ebbene, come si dice dall'alba dei tempi, l'importante è essere in salute; non a caso le persone mettono al primo posto come priorità il proprio benessere fisico, contribuendo così a mandare avanti la società.

Secondo l'Agenda 2030, è necessario ridurre entro il 2030 la mortalità materna globale, ossia la proporzione di madri che non sopravvivono al parto rispetto alle madri che sopravvivono, a meno di 70 per 100.000 nati vivi, sebbene essa si sia ridotta di quasi il 50% dal 1990. Tuttavia il tasso di mortalità materna è ancora alto in particolar modo nel paesi in via di sviluppo, dove l'assistenza sanitaria e le infrastrutture sono scarse o inesistenti. Molte donne sono costrette a partorire in villaggi lontani centinaia di chilometri dalle città, in condizioni igienico-sanitarie pessime, assistite da persone che non sono in grado di garantire l'assistenza sanitaria di cui hanno bisogno, mettendo a rischio la salute della madre e del nascituro. Un dato confortante è che sempre più donne stanno ricevendo assistenza prenatale, aumentata dal 65% nel 1990 all'83% nel 2012. Strettamente legato al futuro delle madri vi è quello dei propri figli: un altro traguardo da raggiungere entro il 2030 è quello di porre fine alle morti dei bambini al di sotto dei cinque anni di età e di ridurre la mortalità neonatale a non più di 12 su 1.000 nati vivi e, per i bambini al di sotto dei cinque anni, ridurre la mortalità a non più di 25 su 1.000 nati vivi.

Sebbene si siano stati fatti dei grandi passi avanti per quanto riguarda l'aspettativa di vita delle popolazioni dei paesi in via di sviluppo e la riduzione della mortalità, soprattutto infantile e materna, c'ė ancora molto su cui lavorare se pensiamo alle disuguaglianze economiche e sociali che ostacolano le persone ad accedere ai servizi sanitari di base; in parole povere, se una madre dovesse essere costretta a dare alla luce il proprio figlio in un villaggio in cui anche solo prendere dell'acqua ė un problema, cosa succederebbe al bambino nel caso in cui dovesse avere bisogno di cure e assistenza medica? Il nascituro potrebbe essere in pericolo di vita perché in quel villaggio, senza acqua e infrastrutture, mancano quei servizi di assistenza sanitaria essenziali per la salute e il benessere di tutti.

Il problema non è solo la sopravvivenza al parto da parte di madre e figlio, il problema viene anche successivamente. Chi può garantire che il neonato non muoia di malaria o tubercolosi? Se non peggio, che il piccolo possa essere sieropositivo poiché nato da madre affetta da AIDS? Su questo fronte c'è ancora tanta strada da fare, porre fine a malattie trasmissibili, ad epidemie di malaria e tubercolosi e a malattie legate all'uso di acqua. In questo caso l'unica via da percorrere ė lo sviluppo di vaccini e farmaci a poco prezzo, accessibili a tutti e per tutti; per fare ciò è necessario avere alle spalle un sistema sanitario nazionale stabile e pubblico e uno stato che venga incontro alle esigenze e che riconosca le reali necessità del suo popolo.

Povertà, mancanza di cibo e malnutrizione privano uomini, donne e bambini di godere di buona salute; le categorie a rischio sono sempre quelle più deboli della società, anziani, neomadri, neonati e disabili.