L'articolo 26 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, redatta a Parigi nel 1948, afferma che l'istruzione deve essere gratuita e obbligatoria, almeno al suo livello elementare; deve sviluppare e potenziare le abilità dell'individuo, per formare i futuri cittadini di domani. A questo proposito, il quarto obiettivo di Sviluppo Sostenibile dell'Agenda 2030 è quello di assicurare un'educazione di qualità che sia equa ed inclusiva, ma allo stesso tempo di promuovere opportunità di apprendimento permanente per tutti, indistintamente dall'età. Per migliorare la vita delle persone e per raggiungere uno sviluppo sostenibile, la base da cui partire è quella di poter accedere a studi di qualità, senza distinzioni di sesso, etnia o orientamento politico.

Difendere il diritto all'istruzione è dovere morale di tutte le istituzioni mondiali, si tratta di formare le nuove generazioni indirizzandole verso un futuro migliore e, allo stesso tempo, garantire uno sviluppo economico, sociale e culturale delle comunità in cui vivono. Negli ultimi decenni sono stati fatti dei grandi passi avanti, ma nel mondo ci sono ancora circa 263 milioni di ragazze e ragazzi che non hanno accesso a nessuna forma di istruzione: il 70% si trova nell'Antica sub-sahariana e nel sud-est asiatico. Carenza o totale assenza di strutture scolastiche adeguate che siano adatte alle esigenze di tutti i bambini e adolescenti a partire dall'asilo nido fino alle università, edifici che siano usufruibili da tutti abbattendo le barriere architettoniche per coloro che hanno difficoltà.
Apprendimento sicuro, inclusivo, equo che vada a valorizzare il diverso e la diversità, creare un ambiente sereno e non violento proiettato verso l'uguaglianza di genere e i diritti umani e verso stili di vita sostenibili. Come si può avverare? Attraverso un'adeguata e continua formazione degli insegnanti, focalizzando l'attenzione verso la didattica dell'inclusione. Entro il 2030 bisogna assicurarsi che tutti i ragazzi e le ragazze completino il ciclo di studi, che siano garantite la parità di accesso a uomini donne e formazione professionale a quelle fasce più vulnerabili. L'insegnante dovrà essere attento alle esigenze e alle problematiche che si potrebbero creare all'interno della classe, osservando, ad esempio, le abilità di lettura e di calcolo dei ragazzi e intervenendo tempestivamente nel caso in cui il ragazzo avesse bisogno di un sostegno.

Esiste un limite per imparare? L'età può costituire un problema?

Ebbene, l'obiettivo 4 sfata anche questo mito poiché ci parla di opportunità di apprendimento permanente per tutti. I pedagogisti intendono per lifelong learning o apprendimento continuo l'educazione che avviene durante tutto l'arco della vita. Le persone apprendono e imparano continuamente, inizia ancor prima della scuola e continua dopo il pensionamento; in poche parole non esiste un limite di età per la conoscenza: d'altronde la vita stessa dell'uomo è una lunga serie di apprendimenti, fatta di ostacoli e vittorie da cui si spera abbiamo tratto degli insegnamenti. Non a caso negli ultimi anni sono nate le università della terza età che consentono alle persone con un'età media di circa 60 anni di continuare a studiare; lo scopo principale di queste università è quello di motivare uomini e donne che non sono riusciti a completare il ciclo di studi.

Investire sull'istruzione significa rafforzare le personalità e le libertà dell'individuo, che prende coscienza di sé e delle sue potenzialità.

Questo significa ridurre notevolmente l'analfabetismo e l'abbandono scolastico e dare una possibilità a persone che non sono riuscite a completare il ciclo di studi a riscattarsi e trovare un posto nella società.

 

 

La salute è un diritto fondamentale dell'uomo, indistintamente dal suo status sociale, nazionalità o ideale politico ed è imprescindibile se si vuole raggiungere quello sviluppo sostenibile di cui tanto si dibatte negli ambienti politici. L'ONU, tra i 17 obiettivi di Sviluppo Sostenibile, pone l'attenzione sul diritto alla salute e al benessere per tutti e per tutte le età; essere in buona salute significa poter adempiere a tutti quei compiti, anche più piccoli, di cui ci occupiamo giornalmente. Ebbene, come si dice dall'alba dei tempi, l'importante è essere in salute; non a caso le persone mettono al primo posto come priorità il proprio benessere fisico, contribuendo così a mandare avanti la società.

Secondo l'Agenda 2030, è necessario ridurre entro il 2030 la mortalità materna globale, ossia la proporzione di madri che non sopravvivono al parto rispetto alle madri che sopravvivono, a meno di 70 per 100.000 nati vivi, sebbene essa si sia ridotta di quasi il 50% dal 1990. Tuttavia il tasso di mortalità materna è ancora alto in particolar modo nel paesi in via di sviluppo, dove l'assistenza sanitaria e le infrastrutture sono scarse o inesistenti. Molte donne sono costrette a partorire in villaggi lontani centinaia di chilometri dalle città, in condizioni igienico-sanitarie pessime, assistite da persone che non sono in grado di garantire l'assistenza sanitaria di cui hanno bisogno, mettendo a rischio la salute della madre e del nascituro. Un dato confortante è che sempre più donne stanno ricevendo assistenza prenatale, aumentata dal 65% nel 1990 all'83% nel 2012. Strettamente legato al futuro delle madri vi è quello dei propri figli: un altro traguardo da raggiungere entro il 2030 è quello di porre fine alle morti dei bambini al di sotto dei cinque anni di età e di ridurre la mortalità neonatale a non più di 12 su 1.000 nati vivi e, per i bambini al di sotto dei cinque anni, ridurre la mortalità a non più di 25 su 1.000 nati vivi.

Sebbene si siano stati fatti dei grandi passi avanti per quanto riguarda l'aspettativa di vita delle popolazioni dei paesi in via di sviluppo e la riduzione della mortalità, soprattutto infantile e materna, c'ė ancora molto su cui lavorare se pensiamo alle disuguaglianze economiche e sociali che ostacolano le persone ad accedere ai servizi sanitari di base; in parole povere, se una madre dovesse essere costretta a dare alla luce il proprio figlio in un villaggio in cui anche solo prendere dell'acqua ė un problema, cosa succederebbe al bambino nel caso in cui dovesse avere bisogno di cure e assistenza medica? Il nascituro potrebbe essere in pericolo di vita perché in quel villaggio, senza acqua e infrastrutture, mancano quei servizi di assistenza sanitaria essenziali per la salute e il benessere di tutti.

Il problema non è solo la sopravvivenza al parto da parte di madre e figlio, il problema viene anche successivamente. Chi può garantire che il neonato non muoia di malaria o tubercolosi? Se non peggio, che il piccolo possa essere sieropositivo poiché nato da madre affetta da AIDS? Su questo fronte c'è ancora tanta strada da fare, porre fine a malattie trasmissibili, ad epidemie di malaria e tubercolosi e a malattie legate all'uso di acqua. In questo caso l'unica via da percorrere ė lo sviluppo di vaccini e farmaci a poco prezzo, accessibili a tutti e per tutti; per fare ciò è necessario avere alle spalle un sistema sanitario nazionale stabile e pubblico e uno stato che venga incontro alle esigenze e che riconosca le reali necessità del suo popolo.

Povertà, mancanza di cibo e malnutrizione privano uomini, donne e bambini di godere di buona salute; le categorie a rischio sono sempre quelle più deboli della società, anziani, neomadri, neonati e disabili.

Continua l'impegno di Riusogreen.com alla diffusione dei 17 Obiettivi fissati con l'Agenda 2030 per uno Sviluppo Sostenibile, programma d'azione universale redatto nel 2015 per le nazioni e per la popolazione mondiale. In questo articolo affrontiamo l'Obiettivo 2, quello di porre fine alla fame e migliorare la nutrizione, raggiungere una sicurezza alimentare e promuovere un'agricoltura sostenibile.

Eliminare la fame, la malnutrizione ed assicurare a tutte le persone un'alimentazione sicura deve essere l'obiettivo cardine, insieme all'azzeramento della povertà, delle organizzazioni no-profit e dei governi nazionali.

Nel mondo, sebbene la situazione sia leggermente migliorata, ci sono ancora troppe persone che muoiono di fame e di stenti, secondo l'ONU circa 795 milioni di persone sono denutrite e tutte provenienti dai paesi in via di sviluppo. La prima causa della malnutrizione è la miseria, questi individui non possono provvedere al sostentamento per le loro famiglie o tantomeno per loro stessi; le categorie che pagano il prezzo più alto sono donne, anziani, disabili e bambini. Inoltre l'ONU afferma che la malnutrizione provoca il 45% delle morti di bambini al di sotto dei cinque anni: poco più di tre milioni l'anno. L'Agenda 2030 si propone, attraverso piani di azione ben delineati, di eliminare ogni forma di malnutrizione e di soddisfare le esigenze nutrizionali di quelle "categorie protette", ragazze adolescenti, donne in gravidanza e neonati. Alla malnutrizione si collega un secondo fattore rilevante, quello dell'arretratezza dell'agricoltura: la mancanza di opportune macchine agricole e le scarse infrastrutture, come strade, impianti fognari o acquedotti.

L'obiettivo 2 non delinea solo le linee guida per azzerare la fame nel mondo, ma ci illustra come raggiungere la sicurezza alimentare. In altre parole, sappiamo realmente la provenienza dei cibi che portiamo sulle nostre tavole? Pertanto quando parliamo di sicurezza alimentare ci riferiamo alla qualità igienico-sanitaria della materia prima che consumiamo. Se questa sicurezza viene a mancare, possono esserci rischi per la salute delle persone, assumendo cibo contaminato da diossine o pesticidi rilasciati dalle attività industriali. Anche in questo caso l'ONU ci pone come traguardo da raggiungere entro il 2030 quello di garantire sistemi di produzione sostenibili e di incentivare il piccolo produttore agricolo.

Se l'Agenda 2030 ha pensato in grande, cosa possiamo fare noi nel nostro piccolo?

Un gesto concreto, ad esempio, è quello di adottare un bambino a distanza, potremo così contribuire al suo sostentamento, farlo crescere e andare a scuola: in parole povere donargli un futuro. Mentre nell'ambito alimentare accertiamoci che il cibo che portiamo in tavola provenga da filiere agricole sostenibili e da piccole realtà del nostro territorio, evitando allevamenti intensivi dannosi per l'uomo e per l'ambiente.

Il primo obiettivo dell'Agenda 2030, programma d'azione per le persone e per il pianeta redatto dall'ONU nel 2015, é quello di porre fine ad ogni forma di povertà ed esclusione sociale nel mondo o quantomeno ridurre almeno della metà la quota di popolazione che vive in miseria. Questo traguardo ė uno dei più ardui e complessi da raggiungere, poiché le sfide che devono affrontare le organizzazioni no-profit o i governi stessi sono tante: conflitti e interessi interni alle nazioni più povere e purtroppo anche la consapevolezza che il colonialismo non è mai sparito del tutto.

Secondo l'Unicef, nel mondo 836 milioni di persone vivono in condizioni di estrema povertà, basti pensare che un abitante su cinque vive con meno di 1,25 dollari al giorno: una miseria diffusa soprattutto nei paesi in via di sviluppo e in quelle nazioni fragili dal punto di vista politico, economico e sociale. Per queste donne, uomini e bambini povertà significa non solo essere incapaci di soddisfare i comuni bisogni giornalieri, come mangiare o comprare vestiti o andare a scuola, ma comporta, in misura ben più grave, una bassa qualità della vita e di conseguenza emarginazione sociale.

L'esclusione sociale é la diretta conseguenza dell'indigenza poiché la persona povera non può ambire a un miglioramento della qualità di vita, non può scegliere e soprattutto non può esprimersi. A questo proposito uno dei traguardi fissati dal primo obiettivo dell'Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile è quello di assicurare che tutti gli uomini e donne, con un occhio di riguardo verso le fasce più deboli della popolazione, abbiano uguale accesso ai servizi di base, il diritto alla proprietà qualunque essa sia e libera fruizione delle risorse naturali.

Ribadiamo che la povertà va oltre la mancanza di un reddito per sostenere una vita dignitosa; l'indigenza provoca fame e malnutrizione, l'accesso limitato all'istruzione e la mancata partecipazione in questioni decisionali importanti (un esempio sono i senza casta in India).

Mancanza di benessere significa quindi vivere in case e quartieri degradati, lavorare in condizioni disumane, in luoghi insalubri e privi di qualsiasi tipo di tutela. Questa condizione contribuisce a rendere l'individuo fragile, senza futuro e i cui diritti fondamentali gli sono negati. Anche in questo caso l'ONU pone delle direttive affermando che bisogna creare dei quadri di riferimento politici a livello nazionale ed internazionale, garantendo e fornendo programmi effettivi per i paesi in via di sviluppo e per quelli meno sviluppati per porre fine alla povertà in tutte le sue forme.

La povertà rende un uomo solo, isolato dalla società in cui vive o cerca di sopravvivere e, come afferma il giornalista e sociologo canadese Malcom Gladwell, "la povertà non è privazione, è isolamento".

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