L’utilizzo del rifiuto e del riciclo nelle arti visive è una tecnica utilizzata per esprimere un messaggio provocatorio e, spesso, di rottura con le correnti artistiche dominanti, che ha portato alla realizzazione di importanti opere d’arte. L’artista riesce e vuole restituire la bellezza ad oggetti che sembrano averla persa ed assegnare ad essi una connotazione di significato diversa da quella più diffusa.

Già nei primi anni del XX secolo i materiali di uso quotidiano vengono utilizzati per realizzare opere d’arte.

Ne è un esempio la tecnica del collage, cioè composizione di frammenti di carta uniti ad altri materiali. Artisti come Pablo Picasso e Georges Braque, per primi, utilizzano il collage. Nelle loro opere compaiono frammenti di materiali come carta da parati, marmo o legno, carta di spartiti, etichette.

Fare arte diventa anche rivalutare materiali di scarto, quelli che ad uno sguardo disattento sembrano solo rifiuti.

Picasso, inoltre, utilizza anche la tecnica dell’assemblaggio per unire strisce di stoffa, frammenti di lamiera, sabbia e perle, ritagli di giornali e così via come nella sua opera, Chitarra.

Anche i futuristi italiani utilizzano il collage, come Gino Severini che aggiunge alla sua Ballerina blu dei lustrini sul vestito dipinto eCarlo Carrà in Dimostrazione interventista inserisce pezzi di giornale, di pubblicità e di partiture musicali.

È però il movimento dada a rivalutare il “rifiuto” come elemento artistico, per cui rottami o altri scarti si ergono a materiali nobili. Di questa cultura sono risultato le note opere Ruota di bicicletta (1913) o Fontana (1917) entrambe di Marcel Duchamp.

Dada è ancor oggi un punto di riferimento per molti artisti che si servono di rifiuti per fare arte.

A partire dagli anni Venti del Novecento assume valore anche la plastica come materiale artistico in funzione della sua trasparenza, della sua malleabilità, della sua capacità di assumere diversi aspetti. Ad impiegarla sono artisti come Naum Gabo o successivamente anche Alberto Burri.

Anche ferro e metalli sono spesso utilizzati come materiali per creare delle strutture o sculture, ad esempio attraverso la saldatura di vari pezzi. Ne è esempio David Smith, scultore americano che propone un nuovo modo di fare scultura: “junk sculpture”. Si tratta di una scultura composta senza utilizzare materiali tradizionali, lavorando invece con il ferro saldato e impiegando materiali di recupero e scarti di lavorazione industriale.

Negli anni sessanta Il Neo-Dada riprende i temi e gli stili dadaisti. In entrambi i movimenti l'arte diventa mezzo di ribellione contro le convenzioni e i canoni estetici. Nel new dada usare rifiuti significa assimilare il passato nel presente e conferire all’oggetto un significato anche sentimentale.

Tra gli esponenti più importanti del nouveau realisme abbiamo Arman il quale individua negli oggetti la quintessenza della società dei consumi e della produzione industrializzata.In questo senso è da citare  la mostra “Le Plein” in cui l’artista espone oggetti ammassati fino al soffitto per protestare contro il consumismo dilagante.

Alcuni artisti utilizzano “rifiuti” accanto a forme di ispirazione classica. È il caso di Michelangelo Pistoletto  nella Venere degli stracci.

L’utilizzo del rifiuto, dello scarto, degli oggetti quotidiani, riciclati in arte, è stato dunque una costante dagli anni Sessanta in poi, anche se, come abbiamo visto, la sua origine si può far risalire ai primi decenni del XX secolo.

Chiudiamo il nostro breve viaggio tra i rifiuti d’arte con una bella citazione dell’artista Tony Cragg, artista inglese tra i più noti esponenti della scultura contemporanea, che dice: "Ogni elemento è magnifico, oppure brutto o qualsiasi altra cosa. Dipende dalla nostra gamma dei criteri".