Guai a buttare il pane. Per le nostre nonne era peccato, perché sapevano cosa significava stare senza. Per loro il riuso del cibo era una pratica normale come cucinare una ricca frittata di spaghetti farcita con gli avanzi del pranzo domenicale. Oggi, nella sempre più frenetica società dei consumi, la tendenza si è invertita.
Ciò che rimane nei piatti degli italiani va a finire nella spazzatura. Gli avanzi diventano sprechi, il cibo un rifiuto. Un fatto che a livello globale arriva a delle cifre davvero incredibili con 345 milioni di tonnellate di sprechi di cibo a livello domestico e di ristorazione. Lo spreco maggiore avviene in Europa ed in Nord America dove ogni consumatore riesce a buttare tra i 95 ed i 115 kg di alimento ogni anno. Anche Il costo ambientale è molto alto: circa 700 miliardi di dollari all’anno.
Ma quali sono le voci del costo ambientale?
- Consumo di acqua: ogni anno nel mondo circa 250.000 miliardi di litri vengono utilizzati per il cibo che verrà sprecato;
- Consumo del suolo: 1,4 miliardi di ettari, circa il 30% della superficie agricola disponibile a livello globale, di terreno farà crescere cibo che verrà buttato
- Cambiamenti climatici: circa 3,3 miliardi di tonnellate di CO2 vengono immessi in atmosfera a causa degli alimenti che verranno sprecati. (Fonte Fao 2013)
In Italia?
Il valore economico dello spreco alimentare domestico italiano è pari a 8,1 miliardi di euro all’anno ed è sicuramente un valore sottostimato rispetto al reale, difficile da delineare con precisione (dati di Osservatorio Waste Watcher 2014).
Allora, che fare? Alla politica nazionale ed internazionale il compito di contrastare questo fenomeno con leggi ed interventi condivisi ed a noi, consumatori finali, quello di adottare comportamenti etici contro lo spreco e per salvaguardare l’ambiente. Potremmo cominciare, nel nostro piccolo, a fare come i nostri nonni: se avanza del cibo riutilizziamolo per gustose ricette.